Isa, mia sorella.
Quella che cuce, impasta, profuma di lavanda e mi chiama ogni volta che la stampante decide di andare in sciopero.
Sì, proprio lei: la donna che parla con le stoffe come fossero persone.
“Questa era la vestaglia della nonna… questa camicia l’ho trasformata in un cuore profumato…”.
E io lì, che penso solo a quanti giga peseranno le foto da impaginare.
Isa ha ereditato il famoso cassettone della nonna.
Un mobile che scricchiola ogni volta che si apre e che richiede necessariamente di tirare entrambe le maniglie, altrimenti resta lì, inchiodato. Quel rumore mi è così familiare che potrei riconoscerlo a occhi chiusi.
Il cassettone della nonna era un mondo meraviglioso. Dentro c’era di tutto, ma niente era fuori posto. Il suo motto era semplice e definitivo:
“Ogni cosa ha il suo posto e ogni posto ha la sua cosa.”
E funzionava davvero.
Ogni oggetto, anche il più piccolo, anche uno spillo, sembrava felice di stare dove stava. E quella felicità passava a me. Aprire un cassetto non era cercare qualcosa, era incontrarla.
Forse è da lì che nasce tutto.
La cura.
Il rispetto per le cose fatte bene.
L’idea che l’ordine non sia rigidità, ma attenzione.
Quando Isa apre oggi quel cassettone, sembra partire la sigla di Piccole Donne: un trionfo di bottoni, nastrini, stoffe, profumi e fili ovunque.
Ed è da quel caos meraviglioso che nascono i suoi copri scatola di fazzoletti a forma di divanetto e i cuori di cotone con dentro semi di soia, lavanda, sale grosso e riccioli d’abete da utilizzare caldi o freddi per un numero infinito di patologie o solo per farti una coccola. Oggetti che, messi vicino al letto, ti fanno dormire meglio, anche solo a guardarli.
Isa cuce nella sua taverna, ogni volta che ha bisogno di pensare un po’ a se stessa. Scende le scale, accende una luce calda, apre cassetti che scricchiolano e lascia che il rumore del mondo resti su. Lì sotto il tempo non corre: si rammenda.
Un giorno le ho chiesto, con estrema innocenza, di farmi vedere qualche divanetto porta fazzoletti.
Qualche, nel senso vago e fiducioso che uso io.
Lei è sparita un attimo, si è arrampicata su una sedia, ha raggiunto la cima di un armadio in anticamera ed è tornata con scatole e scatole. Divanetti e scaldini già pronti, incartati uno a uno con una cura quasi cerimoniale. Ognuno aveva il suo primo fazzoletto già “invitato” a uscire dalla fessura di stoffa, come se stesse facendo il suo debutto in società.
Colori ovunque.
Passamanerie.
Fiori.
Un’esplosione visiva.
Io osservavo in silenzio.
Io, che amo il bianco e nero.
Io, che mi vesto praticamente solo di nero.
Io, che vivo in una casa minimal con qualche e dico qualche accenno di verde. Così, tanto per non sembrare ostile alla clorofilla.
Poi c’è stata la telefonata. Con voce apparentemente neutra ha detto:
“Mi servirebbero dei bigliettini, delle cartoline, vorrei provare a fare un mercatino di natale. Mi piacerebbe marrone e rosa… però boh”.
Quel però boh era una trappola semantica .
In realtà significava: lo voglio assolutamente marrone e rosa.
(Avrei dovuto capirlo subito: mi ha fatta vestire di marrone al suo matrimonio nel 2006. Gli indizi c’erano tutti.)
Io, grafica cresciuta a griglie, contrasti puliti e palette che “devono respirare”, ho avuto un piccolo collasso interiore. Lei invece nulla. Serenissima.
“Marrone come il legno del cassettone. Rosa come le lenzuola di una volta.”
Detto così sembrava una teoria cromatica. O una minaccia gentile.
All’inizio ho provato a ragionare: leggibilità, equilibrio, rischio bomboniera anni ’90. Isa annuiva al telefono, invisibile ma determinata. Poi ha tirato fuori una stoffa. Poi un bottone. Poi un cuscinetto profumato. (Aveva aperto il cassettone, ne ho sentito il cigolio.)
Fine del dibattito.
Ho capito che quel marrone e rosa non erano una scelta grafica. Erano una dichiarazione d’intenti.
Dicevano: qui si rallenta, qui si rammenda, qui il nuovo nasce dal già vissuto.
Così ho smesso di “aggiustare” e ho iniziato ad ascoltare.
Il marrone è diventato caldo, materico.
Il rosa cipria, leggero, polveroso.
La grafica non doveva imporsi, ma accompagnare. Come un’etichetta scritta piano. Come una nota a margine.
Per Isa ho realizzato:
il logo
i biglietti da visita
le cartoline di accompagnamento ai prodotti
il cartello per la bancarella dei mercatini di Natale
gli stati di WhatsApp, perché anche quelli raccontano un progetto
Tutto doveva sembrare naturale, coerente, non “troppo grafico”.
Ed è proprio lì che ha funzionato.
Perché quando lavori con chi crea con le mani, la grafica non serve a dimostrare quanto sei bravo.
Serve a rispettare quello che c’è già.
Anche se è marrone e rosa.
Oddio.
Ma con amore.
Biglietto da visita mm 85x55 FRONTE E RETRO
Cartolina informativa cm 10x15
Stato whatsapp px 1080x1920